Città metropolitana, un passo oltre la politica dei campanili Un mese all’elezione del primo “parlamentino”. Obiettivo dare vita a un soggetto omogeneo

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Un mese esatto prima di passare dalle parole, tante e forse troppe, ai fatti. Prima che si concretizzi l’avvento della città metropolitana e si vada al voto per eleggere il primo consiglio direttivo della neonata struttura. Le elezioni sono fissate per il 28 settembre, ma stavolta alle urne andranno solo i rappresentanti degli abitanti dei vari comuni, cioè sindaci e consiglieri comunali. Il “parlamentino” metropolitano risulterà composto da 18 persone, che affiancheranno il sindaco, carica di fatto già assegnata al primo cittadino del capoluogo, cioè Dario Nardella. Un nuovo organismo che dovrebbe nei fatti sostituire la Provincia, con l’obiettivo di andare oltre però e non limitarsi a farne le veci, poiché altrimenti si tratterebbe solo di un’opera di ingegneria costituzionale inutile. Il problema è adesso capire come muoversi, quali passi compiere e come far trovare d’accordo sulle linee di indirizzo 50 comuni con anime, esigenze e caratteristiche anche diverse tra di loro. Di questo si è parlato nell’incontro organizzato dall’Anci all’Auditorium Crf, per capire prospettive e limiti della città metropolitana. Una realtà a proposito della quale per ora, come ha appropriatamente detto il sindaco di Empoli, Brenda Barnini, è più facile porsi domande che avere risposte. Ma al di là delle esigenze comuni, forse il punto migliore di partenza sarebbe quello ottenibile facendo tutti un passo indietro, e non per retrocedere ma solo per prendere la rincorsa. Passo indietro ad esempio sul tema dei tributi, perché non avrebbe senso creare un’unità nella disomogeneità attuale, in cui ogni campanile ha propri livelli impositivi, dall’Imu all’Irpef, dalla Tari alla tassa di soggiorno. Così come bisogna adoperarsi per definire parametri uniformi sulle licenze edilizie e sui piani urbanistici,specie nei tratti di confine. Per crescere insomma bisogna che ciascuno si rassegni a non vivere più all’ombra del proprio campanile. Le risorse dovranno essere messe in comune e i piani di intervento per l’economia pure. E se questo vorrà dire sacrificare una parte della propria autonomia, se ne vedranno i benefici soprattutto per i cittadini di una Firenze finalmente grande. (Ma.Ab.)

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