Meno negozi, più ristoranti. Effetto Firenze

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Meno residenti e più turisti, ma anche meno potere d’acquisto per gli italiani. Sono queste in sintesi le dinamiche che stanno determinando una progressiva trasformazione del mondo del commercio in Toscana e in particolare a Firenze, come rileva un’indagine effettuata dall’Ufficio studi di Confcommercio. Diminuiscono i negozi tradizionali, aumentano bar, ristoranti e strutture ricettive. A cedere il passo sono soprattuttobotteghe di alimentari e bevande, negozi di abbigliamento, calzature, mobili e articoli per la casa, librerie, ferramenta e negozi di giocattoli. Ma è in calo anche il commercio ambulante. Reggono bene invece, anzi sono in crescita, farmacie, tabaccherie, negozi di computer e telefonia.

In generale, le città capoluogo di provincia della Toscana hanno perduto negli ultimi dodici anni 1.272 esercizi commerciali. Nel caso di Firenze, il commercio al dettaglio ha perduto un totale di 258 imprese, passando dalle 5.092 imprese del 2008 alle 4.834 del 2019. E se le prime a scomparire in modo più marcato erano state quelle del centro (passate dalle 1.851 del 2008 alle 1.743 nel 2016, poi risalite di cinque unità per arrivare alle 1.748 di fine 2019), adesso stanno arretrando anche quelle delle altre aree(erano 3.241 nel 2008, 3.183 nel 2016 e 3.086 nel 2019, con una perdita di quasi cento unità solo negli ultimi tre anni). «Segno – spiega il direttore regionale Confcommercio Franco Marinoni – che la scomparsa dei negozi ora non è più legata, come lo era qualche anno fa, agli affitti troppo alti, per cui molte aziende avevano preferito trasferirsi in periferia, o al cambiamento demografico in corso, con il centro storico sempre più povero di residenti e preso d’assalto dal turismo. Un fatto che rendeva certo più appetibile per un imprenditore aprire un bed and breakfast o un bar piuttosto che un ferramenta. Adesso a determinare l’arretramento dei negozi sono la riduzione dei consumi e la pressione fiscale ancora troppo alta che grava su imprese e famiglie e che impedisce di liberare risorse per la crescita».