Artigianato, in Toscana chiuse 4,5 imprese al giorno ”Serve una politica industriale seria”. Intervista al presidente Cna, Walter Tamburini

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Una tradizione che va scomparendo. Ma qui non si piange l’artigianato solo come retaggio culturale, bensì soprattutto come un settore che negli anni ha fatto ricca la Toscana. E anche celebre per la sua qualità. Un settore falcidiato prima dalla concorrenza internazionale fatta di prodotti a buon mercato, poi da una crisi davvero devastante. Dal 2008 al settembre 2014, secondo i dati Movimprese riletti da Cna, la crisi ha messo in ginocchio oltre 8.863 artigiani, provocando la perdita di più di 26.500 posti di lavoro. E solo nei primi 9 mesi del 2014, il calo demografico delle imprese è stato di 1.335 unità, con una media di 4,5 chiusure al giorno. Il comparto che più ha pagato pegno è senz’altro quello delle costruzioni, che ha perduto dal 2008 4.707 aziende. Ma anche nel tessile-abbigliamento-pelletteria il segno è fortemente negativo, con meno 1.516 imprese. Nell’autotrasporto merci hanno chiuso 1.495 imprese e nell’alimentare 2.111. “Ci troviamo purtroppo in una situazione di crisi conclamata – commenta il presidente di Cna Toscana, Walter Tamburini – che si prolunga dal 2008, senza che si veda ancora la fine del tunnel. Prima cercavamo di consolarci dicendo che sarebbe servito almeno a far rimanere sul mercato quelli bravi, ma ormai è da tempo che stanno chiudendo anche questi. Il mercato interno è stagnante e la maggioranza delle imprese agisce su quello. C’è assoluto bisogno di lavoro e chi ci governa dovrebbe cominciare a pensare a una politica industriale seria per il paese. Si parla di incentivi all’assunzione, ma è tutto inutile se non c’è lavoro e le aziende già non sanno cosa far fare ai propri dipendenti”.

Una situazione difficile dunque, e le imprese sono sempre più a corto di liquidità.

“Questo dipende dal fatto che ormai c’è pochissimo credito. Per fortuna esiste Confidi, che se non viene supportato rischia comunque di saltare a sua volta. A questo si somma il problema dei bandi europei, impostati con tagli spesso troppo grandi per le piccole imprese, che non riescono a cofinanziarli”.

Ma come si fa politica associativa in una situazione del genere?

“E’ difficile, anche perché non c’è attenzione in questo momento a livello politico verso i corpi intermedi, come le associazioni e i  sindacati, che hanno invece sempre avuto un importante ruolo di mediazione. E oggi si trovano in difficoltà, anche perché con la raffica di chiusure a cui assistiamo vengono a mancare le risorse”.

Si parla tanto di accorpamenti dei livelli provinciali per contenere le spese. Lei che ne pensa?

“Come Cna Toscana ci siamo già espressi in merito e siamo pronti ad un accorpamento  in tre aree vaste: una del centro, una costiera e una del sud. Per quanto riguarda le Camere di commercio sono meno favorevole a una cancellazione dei livelli provinciali, soprattutto per quanto riguarda servizi essenziali come la gestione del registro delle imprese, che deve rimanere locale. Bisogna stare attenti a non tagliare tutto a prescindere, ma capire cosa serve al paese reale. Certo le Camere di commercio devono essere potenziate e diventare un traino per quanto riguarda ad esempio l’internazionalizzazione, a sostegno di quelle piccole imprese che da sole non possono affacciarsi sui mercati internazionali”. (Maurizio Abbati)

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