Chi avvelenò Pico e Poliziano? Cold case alla fiorentina Ricostruzione di un possibile duplice omicidio al tempo del Savonarola. Caccia ai mandanti

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Solo le ossa rinvenute nelle sepolture e il tempo hanno dato ragione a due dei grandi personaggi del Rinascimento fiorentino che trovarono la morte a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, con sintomi del tutto simili. Un doppio cold case alla fiorentina insomma, che all’epoca turbò le coscienze, ma anche la situazione politica della repubblica negli anni tormentati del Savonarola. Le ossa, perché è dall’analisi di esse che è stato possibile individuare la ragione del decesso. Il tempo, perché solo oggi, con le tecniche moderne di indagine si è potuto effettuare quelle rilevazioni che hanno permesso di capire cosa accadde a Angelo Poliziano e Pico della Mirandola, due ingegni, due uomini di cultura e personaggi di primo piano nel mondo politico di allora, oltre che due amici. L’analisi delle ossa, condotte nel 2007, hanno rivelato infatti la presenza di tracce di arsenico ben al di sopra della media, giustificabili solo con un avvelenamento, probabilmente avvenuto nella stessa casa di Pico e non in un solo colpo, ma in modo progressivo, con una somministrazione di dosi costanti che fiaccarono il fisico e provocarono infine la morte. Un cold case riaperto da Silvano Vinceti, lo stesso storico che sta lavorando sui resti di Lisa Gherardini, che ora ha cercato di ricostruire per indizi i fatti che portarono alla morte dei due fiorentini. La prima traccia rinvenuta è quella contenuta nel diario di un cronista dell’epoca, secondo cui nel 1497 il governo di Firenze retto da Savonarola, preoccupato per il ripetuto tentativo di Piero dei Medici di rientrare in città e riprendersi il potere, fece arrestare alcuni personaggi legati alla dinastia medicea, fra cui l’ex segretario particolare di Pico, Cristoforo da Casalmaggiore, che confessò di aver avvelenato il suo padrone. Ma per quale motivo? Diciamo innanzi tutto che Cristoforo aveva tutto da guadagnare da quel decesso, considerato che assieme al fratello Martino era presente nel testamento e avrebbe ereditato beni non trascurabili. Ma al di là di questo, Vinceti cerca di ricostruire trame ben più ampie e oscure, che arrivano a coinvolgere da un lato Piero dei Medici, a cui Cristoforo sarebbe stato legato, e dall’altro il pontefice Alessandro VI, a cui era particolarmente inviso il Savonarola, dato che frequentemente il monaco lo metteva sotto accusa intimandogli di rimoralizzare la Chiesa. Una congiura? Possibile, dato che sia Pico che Poliziano erano vicini al Savonarola ed erano parte attiva della repubblica. Savonarola che nel 1498 avrebbe a sua volta trovato la morte in pubblico, arso sul rogo dopo essere stato peraltro impiccato.

Ma se l’avvelenamento di Pico può ritenersi assodato con quella testimonianza, stessa discorso non vale per quello del Poliziano, che fino ad ora si riteneva defunto per cause naturali. Ma quelle analisi però ci dicono il contrario. E la malattia potrebbe essere proprio la conseguenza di un’intossicazione da arsenico, come quella subita dall’amico. Un boccale di vino galeotto, magari, versato da mani fidate, di una fiducia malriposta.

Solo ipotesi ovviamente, ricostruzioni storiche. La verità vera non la conosceremo mai con certezza. Così come non è quello originale il volto del Poliziano ricostruito da un’equipe di tecnici partendo dal teschio e riposizionando tassello dopo tassello il tessuto, i capelli, le sopracciglia. Non è reale, ma a guardarlo verrebbe da domandargli di raccontarci cosa accadde davvero. In una Firenze di secolari splendori, ma anche di quotidiane miserie. (Maurizio Abbati)

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