Mangiatori di patate. Non è solo un quadro di Van Gogh, ma l’affresco di una tendenza accentuata in questi ultimi anni in Italia, dove a seguito della crisi la contrazione della spesa ha finito per riverberarsi anche sul capitolo alimentare. Eccola qui, la patata: colei che ha sfamato intere generazioni in tempi bui e torna ad essere una delle protagoniste in tavola, non come scelta salutistica ma come necessità, perché nel carrello della crisi, da cui vengono banditi spesso i prodotti più costosi, gioca un ruolo sempre più importante. Secondo l’osservatorio di Federconsumatori nel 2013 dobbiamo attenderci una diminuzione dei consumi alimentari del 4,6%, che in termini di portafogli significa 262 euro annui spesi di meno per ogni famiglia.
Si compra di meno insomma, ma si compra anche dove si spende di meno, così che primizie e delicatezze restano sempre più spesso sui banconi dei negozi, in attesa di clienti più forniti di euro. Secondo gli ultimi dati relativi allo scorso maggio diffusi da Coldiretti, le vendite dei cibi low cost nei discount alimentari sono le uniche a far segnare un aumento nel commercio al dettaglio in Italia dall’inizio dell’anno, con un +1,3%, mentre calano tutte le altre forme distributive, a partire dai piccoli negozi, che fanno registrare un crollo del –4%. Ma non se la cava molto meglio la grande distribuzione, che da inizio anno segna un –2,5% di vendite negli ipermercati e un -1,8% nei supermercati, per un totale che, nonostante la crescita dei discount, rimane comunque negativo (-1,6%).
Ma dov’è che più si taglia, cioè a cosa per gli italiani è possibile rinunciare. Sono molti i prodotti che hanno evidenziato cali considerevoli nelle vendite. Nei primi quattro mesi del 2013, stando ai dati Ismea, l’olio di oliva extravergine ha perso il 12%, il pesce l’11, la pasta il 9, il latte il 6, l’ortofrutta il 4, la carne solo l’1%, ma al proposito va ricordato che questo prodotto negli ultimi anni aveva già visto una contrazione degli acquisti. Crisi che ha colpito un po’ tutto e un po’ tutti, insomma. Però, più in generale va detto che a cambiare è anche il livello qualitativo dei prodotti alimentari acquistati, con un aumento nel carrello dei “cibi low cost” offerti a volte, secondo Coldiretti, “a prezzi troppo bassi per essere sinceri”. Anche se il prezzo può essere legato a precise strategie promozionali mirate ad accaparrarsi fasce di clientela più ampie.
Ma vediamo che cosa accade più nello specifico a Firenze con i prezzi. Secondo l’ufficio di statistica del Comune, con dati relativi allo scorso maggio, l’olio extravergine di oliva rispetto a un anno prima è aumentato del 9,3%, le mele del 15,7%, l’insalata del 13,8%, i pomodori da insalata del 5,8%. Non resta dunque che buttarsi sulle patate. Ma attenzione, perché anche qui non si scherza: in dodici mesi l’aumento ha raggiunto il 16,6%. Patate salate insomma. (Maurizio Abbati)