Di sola bellezza Firenze può anche morire Presenze in aumento, ma il turismo non basta. Serve un rilancio dell’industria

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Di sola bellezza si può anche morire. Il fascino eterno di Firenze, il prestigio unico dei suoi monumenti e delle sue strade, la cornice di natura e arte di cui si circonda nelle dolci colline, sono un valore immenso, un patrimonio da sfruttare e da far fruttare. Meglio di come stiamo facendo. Ma se guardiamo ai dati relativi al 2013, parliamo di qualcosa come 12,5 milioni di presenze turistiche su scala provinciale, con un aumento complessivo del 2,9%, che significa 356mila notti in più in soli 12 mesi. Numeri e stime affidabili, ma sicuramente visti al ribasso se si considerano i turisti del mordi e fuggi, quelli che arrivano al mattino e ripartono alla sera, difficilmente schedabili. O quanti soggiornano in appartamenti ammobiliati di amici o trovati per loro da amici, spesso non conteggiati. Qual è la massa critica che Firenze può reggere? Quanti visitatori possono accogliere Palazzo Vecchio e la Loggia dei Lanzi, il Ponte Vecchio e i vicoli di Santa Croce? Insomma, se anche volessimo puntare con decisione sulla vocazione turistica e investire tutto in quella direzione, arriverebbe presto un punto di saturazione, per cui dovremmo limitare le visite, o magari far pagare un ticket d’accesso per ridurre i flussi. Questo significa, in altre parole, che il turismo non può bastare a garantirci lo sviluppo economico e che non possiamo trasformarci tutti in camerieri, guide, ristoratori, albergatori. Firenze ha bisogno dell’industria, sostenibile e all’avanguardia, ma capace di creare quei posti di lavoro necessari che dal turismo non possono arrivare. Magari un’industria che faccia leva sulle specificità del territorio, che porti nel mondo le nostri tradizioni migliori, dalla moda alla pelletteria e all’alimentare. Ma senza dimenticare la meccanica, il farmaceutico e quant’altro. Una città, o meglio un’area metropolitana, deve proporsi come mix vincente di funzioni e di energie, dosate in modo da poter convivere tra loro. Senza sviluppo non c’è avvenire. (Maurizio Abbati)

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