Formula scuola più lavoro.
E addio vacanze estiveSpunta l’idea degli stage a fine anno. Ma sa di una rivoluzione incompiuta

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Come non ci siamo accorti in tutti questi anni della necessità di un collegamento diretto tra scuola e lavoro, pensando magari che ci fosse tempo per l’inserimento professionale una volta finite le superiori. Come abbiamo fatto a non capire che i nostri giovani, come molti di noi del resto quando giovani ancora eravamo, stanno vivendo un progressivo allontanamento dal mondo produttivo. Il risveglio dopo questo lungo sonno della coscienza rischia ora di essere traumatico, perché si è accennato alla possibilità di prevedere stage formativi non nell’ambito dell’anno scolastico, ma ritagliando uno spazio all’interno delle lunghe vacanze estive. Insomma, in omaggio alla convinzione, non del tutto errata, che possa bastare un mese di pausa, gli studenti potrebbero trovarsi a dover passare dai banchi di scuola a quelli dell’officina, riscaldati dal sole di giugno e di luglio. Una rivoluzione non indolore. Già possiamo immaginare la gioia degli studenti, ma anche la reazione delle strutture turistiche, che con un simile provvedimento vedrebbero tagliate e non di poco le vacanze estive delle famiglie, quelle che si trasferiscono al mare a pagelle consegnate per rientrare in città solo a settembre. Un nucleo di fortunati che di anno in anno si è sempre più ridotto, ma che ancora è presente e alimenta le casse delle località turistiche che contano soprattutto sulle presenze nostrane. Ma tralasciando i risentimenti di parte, il vero problema è che non basta inserire nei programmi didattici due mesi di lavoro per creare un rapporto simbiotico e produttivo con la scuola. Bisogna agire sulla formazione degli insegnanti, sui programmi scolastici, perché la fase del lavoro non può e non deve essere altro che emanazione di quella didattica, deve insomma servire a mettere in atto quello che in potenza è stato appreso. E soprattutto nei licei tutto ciò non è semplice da realizzare.

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