Franchi, dna da stadio. Quale futuro per Campo di Marte Mentre si torna a parlare di una nuova arena nell’area Mercafir, restano i dubbi sul vecchio impianto

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Che ne sarà del vecchio Artemio Franchi, cuore pulsante e in una volta presenza ingombrante per il Campo di Marte. Che ne sarà quando anche l’eco delle ultima ola dei tifosi si sarà spenta per sempre e le immagini dei gruppi di giovani colorati di viola arricchiranno solo le pagine degli archivi della storia della Fiorentina. Ma più in generale cosa ne sarà della vecchia vocazione sportiva a cui il Campo di Marte sembrava essere ormai legato indissolubilmente, tanto che per svilupparla si era addirittura pensato di cancellare un intero viale, il Paoli, per trasformarlo in un’area adibita all’ospitalità e quindi al tempo libero dei fiorentini, open space tra lo stadio di calcio, gli impianti del rugby e dell’atletica e le piscine.

Il trasloco della disciplina sportiva di maggiore richiamo, cioè il calcio, all’area Mercafir, dove da tempo si dice potrebbe sorgere il nuovo stadio, riaprirebbe un dibattito forse infinito sulla nuova destinazione da dare al Franchi e al quartiere. Indipendentemente dal valore del progetto ma anche dai problemi che inevitabilmente sorgerebbero con il posizionamento di un impianto di forte attrattività in un’area già congestionata come Novoli, dove per altro si arriva benissimo con l’autostrada e con l’aereo, ma non con il treno, e dove già insistono altri attrattori di traffico come il polo universitario, il tribunale, il mercato.

Ma torniamo all’origine, cioè al Franchi. E al suo riutilizzo. Anche perché non si tratta di trovare una nuova destinazione solo al rettangolo verde di gioco, ma ad una struttura architettonica – per altro tutelata – vasta e articolata, fatto di sala, salette e saloni, di palestre, spalti e gradinate. Verrebbe da dire che uno stadio è uno stadio e basta, una funzione che sta nel suo dna, che ci siano i tornelli o meno. Per vivere ha bisogno del suo pubblico. Aspetti genetici a parte, programmare il futuro della città significa tener conto anche del suo passato. E il centro di Firenze negli ultimi anni è già andato incontro a un progressivo svuotamento delle sue funzioni. Lo stesso potrebbe capitare a Campo di Marte, che ha tessuto una trama forse leggera ma viva di attività che dipendono in buona parte dalla presenza dello stadio. E non si può cancellare tutto con un semplice colpo di spugna. O meglio con un triplice fischio dell’arbitro.(Maurizio Abbati)

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