La stagione dei saldi è partita. Le promesse di prezzi ribassati chiamano dalle vetrine dei negozi come tante sirene, ma ormai non incantano più nessuno. Ad essere venuta meno, assieme alla possibilità di spendere, è anche la stessa voglia di farlo. Perché si sa che il sorriso del momento dell’acquisto è destinato a trasformarsi in una smorfia di rimpianto, appena usciti dal negozio, per quei soldi che potevano essere adoperati diversamente o meglio ancora serbati per le necessità. Confcommercio fa una previsione di spesa di 229 euro a famiglia per abbigliamento e calzature, le associazioni dei consumatori ci vanno invece molto più caute stimando meno di cento euro procapite. Certo, se si mettessero a saldo anche i generi alimentari forse qualcosa in più le famiglie troverebbero modo di investire, visto che è ormai anche di questo che gli italiani hanno cominciato a privarsi, oltre che di scarpe e pantaloni. L’Indicatore dei consumi Confcommercio valuta infatti che per il capitolo alimentari, bevande e tabacchi nei primi tre mesi del 2013 abbiamo speso il 2,2% in meno. E se qualcuno pensa che si tratti solo di una scelta, di aver preferito cioè rinunciare a una bistecca magari per farsi un viaggio al sole dei tropici, si noti che nei soliti tre mesi il capitolo mobilità ha perduto il 6,5% della spesa, l’abbigliamento il 5,8%, i beni e servizi ricreativi il 5,6%, alberghi, consumazioni al bar e cene al ristorante il 2,8%. Nel frattempo, secondo Confesercenti, a Firenze chiudono 13 negozi al giorno, che facendo un calcolo al ribasso e stimando tre addetti per ciascuna attività significa quasi 40 posti di lavoro in meno, cioè 14.600 disoccupati in più in un anno. Si chiama “effetto domino”. Comincia così: un operaio un giorno perse il suo lavoro, poi fu la volta di un’impiegata, un’addetta a un call center, un magazziniere, un muratore perché la ditta era rimasta senza commesse, un artigiano chiuse dopo che più nessuno entrava in bottega, un bancario fu licenziato a seguito di un piano di ottimizzazione degli sportelli, un giornalista finì in cassa integrazione perché i giornali non li legge più nessuno. Poi, un giorno al Ministero qualcuno si accorse che malgrado aumentassero le aliquote dell’Iva, le entrate erano sempre di meno. Nel frattempo i politici discutevano di politica.
Cosa c’entra tutto questo con i saldi? Forse niente, forse perché i saldi si fanno a fine stagione, quando bisogna avviarne un’altra. (Maurizio Abbati)