Una volta è un dito di Pio Fedi, un’altra un braccio dell’Ammannati. E’ il peso del turismo, si potrebbe dire, e non solo di quello di massa, perché già nel lontano passato le opere d’arte erano preda di saccheggi e furti. La tutela dei nostri capolavori è ormai da tempo oggetto di dibattito, che però non si concretizza quasi mai in una vera e propria azione coordinata, ma resta perlopiù frequentazione legata al momento in cui la cronaca registra un nuovo atto vandalico. La pressione turistica su una città come Firenze è tale che il rischio del danneggiamento è quotidiano, vandalismi o meno, per cui risulta fondamentale trovare delle contromisure efficaci. Dobbiamo però chiederci quale debba essere il prezzo di questa azione di tutela. Una grata che imprigioni il Biancone e la Loggia dei Lanzi? O ancora un semplice gioco di sostituzione che porti al chiuso di un museo i capolavori, rimpiazzati sul posto da dozzinali copie esposte agli scatti dei turisti come se si trattasse degli originali? La fruizione è l’anima dell’arte. Anzi, si potrebbe dire che non esiste arte senza fruizione. E se questa è libera meglio. Tanto meglio. Una civiltà di copie non è la soluzione all’inciviltà, sono altre le risposte da dare. Ben venga il presidio dei luoghi più a rischio, ben vengano gli accessi controllati, così come è necessario il coinvolgimento di guide e operatori turistici in un’opera di sensibilizzazione senza la quale tutto diventa inutile. Ma non si può congelare l’arte, così come la vita, per scongiurarne il declino. (Ma.Ab.)