Province al capolinea
Un vuoto da riempire La chiusura degli enti rischia di determinare un vuoto istituzionale. E nell’area vasta ancora ci credono in pochi

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Ma l’abolizione delle Province porterà davvero a dei risparmi? Chiudere i battenti di questi enti che finora hanno esercitato un ruolo di raccordo sui territori determinerà sicuramente un allentamento nel sistema, creando difficoltà soprattutto ai piccoli Comuni, che non hanno risorse e competenze per gestire in modo autonomo i servizi oggi affidati alla Provincia, che per la verità sono diversi anche se spesso misconosciuti e che vanno dalle acque e l’ambiente al patrimonio scolastico. E’ vero che queste competenze dovrebbero essere trasferite alle Regioni, che però hanno forse una rete con le maglie troppo larghe per pescare pesci che talvolta sono piccoli e vanno inseguiti con il retino. A meno di non creare all’interno nuovi uffici chiamati ad occuparsi delle questioni territoriali, con competenze simili a quelle delle ex Province e quindi destinati a ricalcarle, magari impiegando lo stesso personale fuoriuscito. E quindi il risparmio vero sarebbe solo relativo al costo delle sedi e gli stipendi dei politici. D’altra parte le città metropolitane restano ancora nel mondo delle idee, entità senza nemmeno le gambe necessarie per poter essere considerate un vero progetto istituzionale. Ma senza nemmeno amministratori che ci credano veramente, in grado di fare squadra e rinunciare a una fetta del proprio potere decisionale per dare vita a soggetti istituzionali più grandi, capaci di integrare ciò che finora è rimasto separato. Senza considerare il rischio di veder rimanere fuori da questo girotondo proprio le realtà marginali, quelle più bisognose di supporto.

L’incontro tra i presidenti delle province toscane avvenuto a Firenze ha messo in evidenza una serie di nodi che il governo dovrà sciogliere prima di procedere al colpo di spugna, che per adesso appare impossibile, almeno se non si vuole provocare uno svuotamento. “Il decreto svuotaprovince metterà a rischio il lavoro e le professionalità di 60mila persone, senza ottenere alcun risparmio – ha detto il presidente Upi Toscana Andrea  Pieroni -. Anzi, per ricollocare 5000 edifici scolastici ai Comuni si spenderanno 800 milioni di euro in più. Non solo, senza le Province si moltiplicheranno i centri di spesa per cui è stato calcolato, ad esempio, che solo il costo per il riscaldamento delle scuole aumenterà di 424 milioni”. Insomma, per il solo fatto che al momento ogni Provincia, con un solo contratto di servizio, assicuri il funzionamento di tutte le scuole rappresenterebbe una fonte di risparmio. E cosa accadrebbe se i contratti relativi al riscaldamento delle scuole, le spese di progettazione, la direzione delle opere e il relativo collaudo e le spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria si moltiplicassero per ciascun comune sede di un istituto superiore?

Quello che serve è dunque avviare un ragionamento su una nuova architettura istituzionale, definendo compiti e funzioni, puntando a fare economie di scala ma anche a migliorare la gestione del territorio, armonizzando le diverse necessità. Cosa che finora spesso non è accaduto. Come dimostra ad esempio la questione dell’aeroporto fiorentino, oppure quella legata prima alla discarica e poi all’inceneritore di Case Passerini. Ma come anche avviene con il sistema della mobilità. Bisogna insomma ragionare sul concetto di area vasta, in cui a differenza di quella comunale non deve più esistere un solo ombelico circondato da una sterminata periferia, ma in cui creare più centri propulsori. (Maurizio Abbati)

 

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