C’è qualcosa che non va. Di cose che non vanno a dire il vero ce ne sarebbero diverse, ma in questo caso il riferimento è al decreto Del Rio relativo all’abolizione delle Province, ormai considerate – forse frettolosamente – enti inutili. Di certezze sul futuro al proposito per ora non ce ne sono molte. Si sa solo che: 1) il provvedimento deve ancora essere approvato al Senato; 2) a giugno con la scadenza dell’attuale mandato la Provincia di Firenze perderà le sue competenze e non si tornerà al voto, per cui Andrea Barducci sarà l’ultimo presidente; 3) le competenze dovrebbero essere ereditate dalla città metropolitana, guidata dal sindaco del capoluogo, e se questa non dovesse essere pronta arriverà un commissario. Sei mesi soltanto, dunque, per provvedere ad una riorganizzazione complessa, che preoccupa soprattutto i Comuni più piccoli, poiché questo processo potrebbe accentuare una centralizzazione e una catalizzazione delle attenzioni sul capoluogo, penalizzando le realtà più marginali, ora garantite da un ente terzo, sottratto al peso specifico di un sindaco che conterà più degli altri (pensiamo alle strade, alle scuole, ai trasporti). Sei mesi che peraltro potrebbero anche non bastare nemmeno per varare il provvedimento e avviare la trasformazione. Al Senato infatti i numeri della maggioranza non sono così forti come alla Camera e qualche incidente di percorso potrebbe pure esserci. Soprattutto considerato il fatto che la nascita delle città metropolitane rischia in determinati territori di cancellare la rappresentatività per i partiti di minoranza. Come? Facciamo il caso di Firenze: se la nuova assemblea di governo del territorio dovesse essere composta solo dai primi cittadini di ogni Comune, ci troveremmo con un’aula affollata solo o quasi da rappresentanti del Pd, o comunque del centrosinistra. Per cui ogni discussione politica di fatto verrebbe affrontata solo nei consigli comunali o in quello regionale a livello più alto. Ma sui problemi del territorio rischierebbe di mancare.
Tutti dubbi che ha voluto manifestare anche il presidente del consiglio provinciale Piero Giunti, nel tracciare un bilancio dell’attività svolta e fare capire quali siano state in questi ultimi periodi le difficoltà riscontrate nel garantire i servizi ai cittadini. Soprattutto a fronte di un taglio della risorse continuo, che ha portato a sperare che non ci fosse la necessità di spese straordinarie da sostenere. Perché se c’è da effettuare una riparazione urgente in una scuola non si può attendere. Così come se frana una strada. E meno male che il tempo ci ha assistito, perché se fosse nevicato, spiega Giunti, sarebbe stato un bel problema per le casse provinciali ormai vuote. Un rischio che purtroppo ancora non è scongiurato. L’inverno è lungo. Quasi come la vita che resta alle Province. (Maurizio Abbati)