Sette milioni di euro promessi dalla Regione per garantire il funzionamento dei centri impiego senza ossigeno a causa anche dei mancati trasferimenti da parte dello Stato. Il problema però non è solo di risorse ma anche di indirizzo e di gestione. Già, perché dal prossimo dicembre le Province sarebbero dovute andare in dismissione e quindi perdere tutte le proprie competenze, tra cui anche quella del lavoro e dei centri impiego. Ma non solo. Le Province della Toscana si trovano infatti a gestire circa 10mila km di strade di competenza, 72mila km di canali idrici, corsi d’acqua e acque pubbliche, 337 edifici scolastici frequentati da 153mila studenti e 166 sportelli. Una mole di servizi che nel 2013 – hanno spiegato i presidenti provinciali toscani in un incontro con i prefetti – ha visto un ulteriore taglio, solo in Toscana, di circa 257 milioni di euro (99 di tagli dallo Stato, 121 di risorse bloccate con il peggioramento ulteriore dell’obiettivo del patto di stabilità e 37 milioni di minori trasferimenti regionali). Misure e riduzioni minimamente attenuate del decreto sblocca-debiti del maggio scorso che ha permesso di utilizzare circa 91 milioni di euro (a fronte dei 97 richiesti) per i debiti pendenti e i lavori rimasti bloccati a causa del patto di stabilità. Cosa accadrà dal 1 gennaio del prossimo anno? Difficile dirlo, visto che la Consulta ha deciso che le Province non si possono cancellare così, con un semplice decreto, ma serve una vera e propria riforma. Per cui, come nel gioco dell’oca, si torna all’inizio. Ma non sarà possibile fare come se la decisione presa da Monti non ci fosse mai stata, visto che proprio grazie ad essa è iniziato il taglio delle risorse e il depotenziamento del sistema provinciale. E di certo nessuno pensa a riaprire il rubinetto dei contributi statali, anche perché le risorse non ci sono. Si potrebbe dunque arrivare a fine delle legislature attuali e nel frattempo avviare un percorso per sopprimere le Province in modo consentito. Ma anche se così fosse, a chi toccherà poi in eredità la patata bollente della gestione dei servizi provinciali senza i mezzi economici adeguati? Alla Regione almeno in parte, tra cui forse i centri impiego e la questione lavoro, anche se il passaggio significherebbe trovarsi di fronte a nuove spese in una fase di tagli indispensabili ai vari capitoli del bilancio. Altre competenze potrebbero essere trasferite ai Comuni, ipotesi ancor più ardita considerando le difficoltà attraversate dagli amministratori locali e il problema di far loro gestire temi che valicano i confini delle proprie aree di competenza, come possono essere le strade o le acque. Infine le unioni di Comuni, che sono ancora in fase sperimentale e non hanno certo i mezzi e le professionalità sufficienti a ritagliarsi uno spicchio di torta delle competenze provinciali. Una palude dunque, in cui a rischiare di finire risucchiati sono soprattutto i cittadini. (Maurizio Abbati)