Paesaggio, una Toscana da cartolina che produce valore Rossi pronto a chiedere il riconoscimento Unesco. Sulla nuova legge serve un’intesa

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Il cipresso fiero e impettito, la vite rigogliosa d’uva, le dolci colline che si perdono come onde nel mare dei campi? Cos’è il paesaggio toscano? Quel paesaggio per cui ora il governatore Rossi intende chiedere il riconoscimento all’Unesco come patrimonio dell’umanità. E’ un volere semplice e indiscutibile della natura, o il frutto di un lavoro lungo dell’uomo che quel paesaggio l’ha modellato, a seconda di esigenze e stili di vita ben precisi. Le due cose insieme, è ovvio. Perché conservazione e modifica del bene paesaggistico sono due elementi che si tengono l’un l’altro. Il paesaggio non è una natura morta, un quadro appeso destinato a rimanere sempre uguale a se stesso perché non perda di pregio. Dietro la conservazione del paesaggio c’è il lavoro, lento e costante. Perché se quella terra che diviene oggetto di meraviglia cessa di essere un elemento produttivo rischia di andare esposta al degrado. Ecco perché il dibattito sul paesaggio sorto a seguito della nuova legge tratteggiata dalla Regione deve arrivare a sintesi. La bellezza va rispettata e valorizzata, ma non è immutabile, per cui dobbiamo capire in che direzione vogliamo andare. Capita per gli alberi, vecchi di secoli e comunque prima o poi destinati a crollare o seccare (vedi quanto accade alle nostre pinete). E che per questo vanno rimpiazzati con esemplari giovani. Capita per i vigneti, che dopo stagioni di gloria cessano di essere produttivi e vanno reimpiantati. Capita per i campi, dove si può anche cambiare tipo di coltivazione. Ma se alle bionde messi si sostituissero verdi foglie di rossi pomodori cosa accadrebbe a chi da una strada getta l’occhio sul paesaggio? Gli sembrerebbe diverso, di sicuro. Ecco perché conservazione e lavoro, che significa intervento dell’uomo, devono stare assieme. Le norme non devono ostacolare l’attività economica, anzi favorirla, ma quest’ultima deve rendersi conto che il paesaggio non è una componente improduttiva e ha un suo peso specifico sull’economia di un territorio. Prendiamo ad esempio l’economia del vino, che in Toscana ha un suo peso tutt’altro che trascurabile. Si parla di ben 34 marchi Doc, 6 Docg e 5 Igt, per una produzione di vini a denominazione che nel 2011 è stata di 1.6 milioni di ettolitri, con Chianti e Chianti Classico che da soli superano il milione di ettolitri. Tutto su una superficie dichiarata di 33mila ettari. Quelle bottiglie in qualche modo rappresentano e arricchiscono la Toscana, ma a sua volta il made in Toscana in fondo incide anche un po’ sul prezzo. Tutto si tiene. Il paesaggio e il suo valore, culturale ma anche economico. (Ma.Ab.)

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