Riprendiamoci San Lorenzo, prima che smetta di battere Il cuore della città in attesa di un progetto di riqualificazione. Ecco da dove si può cominciare

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Non basta rimanere fermi per mandar via un dolore. Così come non si può pensare di salvare San Lorenzo lasciando le cose come stanno. Ma nemmeno ricoprendo una buca oggi e una domani. Perché le soluzioni tampone sono tali in quanto servono solo a prendere tempo. E di tempo San Lorenzo ne ha già regalato anche troppo. Adesso vuole risposte concrete e decisive. Perché un quartiere vitale, che da anni è diventato il luogo di sperimentazione della multiculturalità a Firenze, deve per forza essere consegnato al degrado e all’abbandono? Perché un progetto di riqualificazione non è mai stato definito e programmato? Non basta tappare una buca, così come non basta spostare i banchi del mercato, almeno se non c’è un disegno complessivo di riorganizzazione funzionale dell’intero quartiere, ma serve solo a far transitare un bus quando ci si accorge che quella è la sola via praticabile dopo la chiusura del Duomo. Da dove cominciare? Non è un segreto. Ad esempio si può ripartire da Sant’Orsola, eleggendola a priorità, a luogo di cui riappropriarsi che potrebbe diventare, guarda caso, anche spazio mercantile e commerciale appetibile, oltre che punto di incontro per i residenti in grado di ospitare servizi di interesse collettivo. Proseguiamo. Il cuore di tutto è il mercato centrale. Si è liberato il primo piano per destinarlo ad attività culturali, ma per ora niente si è visto se non qualche evento isolato che non può bastare a farlo vivere. C’è piazza dell’Unità, dove è evidente la necessità di un riordino. E ci sono le tante piccole vie con i loro negozi multietnici dove da anni i commercianti chiedono maggiori controlli. Ma si potrebbe arrivare fino a via Nazionale, castigata dal fatto di essere rimasta la sola direttrice d’accesso alla stazione. E pensare che con la sua basilica, le Cappelle medicee e, perché no, il mercato, San Lorenzo è uno dei luoghi turistici più affascinanti e vitali di Firenze. Si merita qualcosa in più, no? Le associazioni e i comitati locali hanno dimostrato la loro volontà di aprire un dialogo, le associazioni di categoria anche. Lanciamo allora un progetto città, di quelli veri però, con le gambe per stare in piedi. Coinvolgiamo le forze attive e positive e definiamo un piano di funzioni che risponda alle esigenze non dell’uno o dell’altro ma della collettività. Se vogliamo dimostrarci una città moderna. (Maurizio Abbati)

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