Bella cosa la libertà. Le autonomie concesse ad ogni singolo Comune italiano consentono agli amministratori di pigiare più o meno sul pedale delle tasse a seconda delle esigenze di bilancio. Un margine di discrezionalità che lo Stato riserva rispetto ai parametri fissati per legge, dai quali è possibile discostarsi così da rendere più facile la copertura dei vari servizi erogati. Certo è che così due famiglie che si trovano a vivere anche a pochi metri l’una dall’altra, ma separate da un confine, rischiano di pagare cifre considerevolmente diverse l’una dall’altra. Si parla tanto di area vasta, di città metropolitana, ma ad oggi poco o niente sembra essere stato fatto in tal senso per unificare i provvedimenti in materia tributaria. Prendiamo ad esempio l’Irpef, cioè l’imposta sulle persone fisiche, da cui non si scappa. A Firenze, come più volte sottolineato dal sindaco Renzi, si è deciso di stare bassi, fermandosi allo 0,2%. Poco lontano si è fermata Sesto Fiorentino, allo 0,3, mentre Scandicci è arrivata fino allo 0,5. Campi Bisenzio ha optato per una aliquota crescente in base alle dichiarazioni che va dallo 0,58 allo 0,80. Infine, Fiesole e Bagno a Ripoli hanno deciso di applicare il massimo concesso, cioè lo 0,8. Ma l’Irpef non è il solo caso esemplare di come ogni amministrazione sia andata per la propria strada. L’Imu sulla prima casa vede il capoluogo Firenze attestarsi sullo 0,4%, Sesto resta più bassa al 3,8, Campi Bisenzio allo 0,45 e Scandicci allo 0,5. Variazioni contenute si dirà, ma che comunque finiscono per avere un loro peso sui livelli impositivi complessivi che comprimono la capacità di spesa delle famiglie. Il Comune di Firenze dichiara ad esempio entrate tributarie di 710 euro pro capite, bimbi compresi dunque, su cui stavolta ricadono non le colpe ma i debiti dei padri. (Maurizio Abbati)