Toscana al top per numero di imprenditori. Ma è un bene? Siamo al 12,6% contro l’11,1% dell’Emilia. E’ però un segno di dinamismo o un modo per far fronte alla crisi?

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Il dinamismo sociale in un Paese moderno si misura anche dalla vocazione imprenditoriale e dalla capacità dei suoi abitanti di sviluppare nuove proposte e progetti per intercettare il futuro. Ma fino a quando fare impresa è segnale di dinamicità e dimostrazione di intraprendenza e voglia di autonomia, oppure diventa il segno di una crisi economica lacerante che ha portato alla perdita di migliaia di posti di lavoro, a cui in molti si sono trovati a dover rispondere cercando di mettere in piedi in qualche modo un’attività individuale? Fino a quando cioè essere in testa alla classifica per regioni per numero di imprenditori e lavoratori autonomi deve far piacere? Perché la Toscana, secondo gli ultimi dati, di autonomi ne conterebbe 463.762, equivalenti al 12,6% della popolazione residente. Più della piccola ma dinamica Valle d’Aosta, che si ferma all’11,6%. E più dell’instancabile Emilia Romagna, che non va oltre l’11,1%, mentre la locomotiva Lombardia si arena al 9,8%. Come possiamo leggere dunque questi dati? La proliferazione delle partite Iva, che nascono e spesso poco dopo cessano di esistere, è sintomo di dinamismo o di lotta per la sopravvivenza nell’Italia di una crisi che, secondo le stime di Confartigianato, si manifesta con 3.076.300 disoccupati, ai quali si aggiungono 1.703.500 inattivi “scoraggiati”  (che cioè non cercano lavoro perché pensano di non riuscire a trovarlo) e 318.600 cassintegrati, per un totale di 5.098.400 persone (quindi il 10% della popolazione) che vivono gravi difficoltà nel mercato del lavoro? E dove negli ultimi quindici anni la pubblica amministrazione, da sempre un porto sicuro dove trovare riparo, ha perso 147.500 addetti?

A volte, uno sviluppo eccessivo di microimpresa e di impresa individuale a discapito dell’impresa strutturata, specie in alcuni settori, può anche comportare una riduzione progressiva non tanto in termini di qualità del servizio, ma soprattutto della qualità di vita del lavoro stesso, con un calo nel rispetto delle tutele assistenziali e previdenziali. E forse non è un caso che la Cgil Toscana nella sua elaborazione dei dati Inail abbia riscontrato come, a parità di ore lavorate, gli infortuni sul lavoro nel primo semestre 2013 siano aumentati rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. (Maurizio Abbati)

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