Tra municipalità e centralismo. Rivedere il ruolo delle Regioni Il presidente Rossi: possibile ridurne il numero. Si apre un dibattito sulle loro funzioni

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Un risparmio da 17 milioni di euro, che significa più del 10% dei costi per il personale. Senza tagliare sulle politiche e i servizi. La Regione prova a contenere la spesa pubblica, nella necessità di far fronte a risorse sempre più ridotte e nella consapevolezza di non poter tirare ancora la leva fiscale, rischiando di accentuare la difficoltà delle famiglie e delle imprese, già costrette a fare i conti con livelli di imposizione elevati. Tagli ai costi della pubblica amministrazione su cui il governatore Rossi torna anche in un suo post su facebook, curioso visto che in Toscana ci si prepara alle elezioni regionali. Secondo Rossi, infatti, le attuali 20 regioni sono troppe. “Ne bastano 12 – scrive – e vanno superate quelle a statuto speciale”. Perché “la pubblica amministrazione deve dimagrire eliminando duplicazioni ed eccessi”. E in questo senso secondo Rossi va bene “l’abolizione delle 110 Province e il superamento del Senato con il taglio di 300 Parlamentari”. Ma si può fare di più. Come mostra la Toscana, dove si è già iniziato: “Ridotti i Consorzi di Bonifica da 33 a 6, le aziende di Trasporto Pubblico da 14 a 1, i Comuni da 287 a 280, i Consiglieri Regionali nel 2015 passeranno da 55 a 40, gli Assessori da 10 a 8 e le Asl da 16 a 4”. Per tornare al primo assunto, resta da chiedersi se il ruolo delle Regioni vada considerato fondamentale o meno, perché se non lo fosse andrebbe ripensata l’intera architettura amministrativa, visto che ad oggi – cadute le Province – restano solo queste a fare da elemento intermedio tra i Comuni, e quindi le municipalità, e lo Stato centrale. Elemento che dunque è chiamato a svolgere un ruolo essenziale di collegamento e di rappresentanza dei territori. Forse bisognerebbe distinguere tra la rilevanza di un ente nel suo valore assoluto e le specificità, cioè il modo in cui ciascuno di questi enti può essere stato gestito, nel rapporto tra costi e benefici. Perché è chiaro che la rappresentanza ha un costo, ma è anche un diritto e non solo civico. La promozione economica, la tutela del territorio, l’assistenza sanitaria sono funzioni che difficilmente possono essere riassegnate oggi allo Stato centrale. Certo ridurre il numero delle Regioni non è impossibile di per se stesso, ma bisognerebbe riuscire a farlo senza ridurre le funzioni che vengono esercitate. Così, ad esempio, cosa cambierebbe trovandosi di fronte a una Regione Toscana-Umbria, per non dire una macro Toscana-Emilia Romagna? Forse non molto, ma già oggi siamo abituati a sentire le lamentele di alcuni territori, che si ritengono considerati un po’ periferici nell’erogazione dei servizi e nell’ascolto, nonostante la presenza di quelle Province che negli anni pure a qualcosa sono servite: si pensi alla gestione delle acque, delle strade, degli istituti scolastici. Funzioni che adesso dovrebbero transitare, almeno in parte alle Regioni, che per questo dovranno svolgere in modo ancora più chiaro e deciso il loro compito. Uno dei quali è anche ridurre le proprie spese di funzionamento, cancellando sì i vari duplicati, a cominciare da quelli che negli anni proprio esse hanno generato, in quanto emanazioni di se stesse. (Ma.Ab.)

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