Un bandolo della matassa per uscire dalla crisi Cala il numero delle imprese. Ma dal turismo arriva un segnale di speranza, che va intercettato

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La crisi c’è e si vede tutta. Per Natale bisognerebbe evitare di pensare negativo e affidarsi alla speranza, ma i numeri certo non aiutano. Secondo l’Istat, lo scorso anno il numero degli italiani occupati è sceso a 22,420 milioni, cioè 478mila posti di lavoro in meno rispetto al 2012. E così il tasso di disoccupazione per la fascia tra i 15 e i 64 anni è arrivato al 55,6%, contro una media Ue del 64,1%. Una tendenza che purtroppo sembra confermarsi anche per il 2014. Se restringiamo l’ottica a livello provinciale, dai dati della Camera di commercio si nota come le imprese presenti sul territorio al settembre scorso fossero 108.354, contro le 109.171 del 2011, tre anni prima. Quelle attive sono invece passate da 94.131 a 92.370. E il colpo più grosso lo ha ricevuto il settore artigiano, dove il numero delle aziende è crollato da 34.792 a 29.906. Il tutto per una variazione annuale negativa dell’1,4%. Il peso specifico più grosso, a livello numerico, lo conserva il commercio, con 30.179 imprese, seguito dai servizi, a quota 26.516. Il manifatturiero si ferma a 14.244 e l’edilizia a 15.007. Per fortuna torna a crescere il turismo, malgrado le defezioni di russi e giapponesi, tanto che il sindaco Nardella ha ipotizzato per Firenze una chiusura d’anno con 300mila presenze in più, che l’anno prossimo grazie all’Expo potrebbero lievitare di un altro milione. Certo il turismo da solo non basta a sfamare un’intera città, potrebbe però alimentare un circuito di imprese che sfruttino l’appeal turistico della città e di cui beneficiano già settori come la moda, la pelletteria, ma anche l’enologia. Ad esempio guardando al fronte della tecnologia e rispolverando un’Arno valley dimenticata a servizio proprio del turismo e delle imprese turistiche. E coinvolgendo settori strategici come l’edilizia in progetti di respiro che proiettino Firenze nel futuro. Con quali risorse? Puntando su una partnership pubblico-privato, ad esempio nel recupero e nella trasformazione delle caserme dismesse che il Comune sta rilevando dallo Stato, in cui in certi casi si può pensare a spazi abitativi, ma che in altri si presterebbero bene alla realizzazione di aree polivalenti dotate di servizi integrati, percorsi artistici e museali alternativi e via dicendo. Firenze insomma può ripartire da quello ha ricevuto in dote e che ancora costituisce il suo vero punto di forza. E’ quella la leva che può sollevare il nostro mondo. (Maurizio Abbati)

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