Una rampa di cento metri per portare il tram sotto terra Per farlo salire e scendere necessarie due trincee lunghe come un campo di calcio. Una di esse sul lungarno

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Come si dice: due piccioni con una fava. Per avere il tram in centro e non scivolare sull’incubo dei binari nel magico quadrilatero d’oro sottratto alle auto, non c’è che una soluzione: mandiamolo sotto. La soluzione rilanciata ora dal sindaco Renzi, che ha trovato persino l’appoggio delle opposizioni, sembra quella ideale, perché consente di dotare la città di un’infrastruttura importante, in grado di collegarla da un lato all’altro senza lasciar fuori dal tracciato il vero ombelico, il centro appunto, dove si continuano nonostante tutto a concentrare funzioni importanti, ma che resta anche un magnete destinato a sopravvivere solo attraendo i fiorentini per lo shopping e le attività culturali. Certo c’è un prezzo non indifferente da pagare. Perché scavare costa, e costa in modo particolare quando sopra ci sono beni artistici di immenso valore e ogni colpo di pala diventa un brivido. Ma c’è un altro aspetto importante da tener presente quando si parla di tunnel: per mandare il tram sottoterra e farlo risalire servono necessariamente due rampe, d’ingresso e di uscita. Due lunghe, anzi lunghissime rampe. Forse troppo per la piccola Firenze. “La lunghezza dipende dalla pendenza che si vuole conferire alle cosiddette trincee – spiega l’ingegner Giovanni Mantovani, artefice della linea 1 del tram fiorentino – ma considerando una media sostenibile del 4 o del 5% si dovrebbe arrivare attorno al centinaio di metri”. Cento metri? Cento metri per far scomparire il tram dalla vista e altrettanti per farlo riapparire? Ma sono quanto un campo di calcio. Una trincea, con le pareti laterali di cemento, lunga ben cento metri. “In effetti sono un po’ perplesso – commenta Mantovani – perché se dal lato di via Gordigiani potrebbe comunque starci una trincea del genere, più complicata la cosa mi sembra sul lato del lungarno Pecori Giraldi”. L’idea sarebbe quella vincente, ma è dunque la fattibilità a preoccupare e non tanto per il costo economico di per se stesso, ma forse per la sostenibilità ambientale del progetto. A meno di non riuscire ad integrare le trincee in un contesto particolare che ne riduca l’impatto. Parliamone. (Maurizio Abbati)

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