Mentre il governo cerca di sciogliere il nodo Imu, c’è chi il nodo lo sente in gola a serrare il respiro e cerca di trattenere le lacrime. Perché quando si perde la casa, e ci si trova con le valigie sul marciapiede, si sa di essere arrivati a una fermata a cui non si sarebbe mai voluti scendere. Occhi gonfi, espressioni vuote, bambini per la mano, la macchina piena di bagagli, delle solite cose che si è riusciti a salvare: è questo il volto dell’emergenza casa. Un fenomeno spesso dimenticato, ma che restituisce come uno specchio l’immagine del nostro paese e della nostra città nello specifico. E che mette in scena un dramma quotidiano che coinvolge un numero crescente di famiglie. Situazioni e vite diverse accomunate da un solo elemento: essere rimasti senza un tetto sopra la testa.
Il Sunia snocciola i dati: a Firenze si contano 90 esecuzioni di sfratto con forza pubblica al mese, per una decina delle quali sarebbe previsto il cosiddetto passaggio da casa a casa, cioè la possibilità di usufruire di un alloggio pubblico. Ma così non è. E anche chi rientra nella lista deve arrendersi ad attendere: giorni, mesi. Donne e bambini possono essere ospitati nelle strutture di accoglienza, gli uomini no, devono arrangiarsi a modo loro. Famiglie divise; c’è chi dorme in auto, sdraiato su un sedile. Per gli anziani un po’ di spazio viene fatto nelle residenze protette, a costi alti, molto alti per la collettività. Il 90% di questi sfratti avviene per morosità, oppure per esproprio immobiliare. Situazione quest’ultima sempre più diffusa a causa della crisi economica, che colpisce in modo forte e drammatico le imprese, soprattutto le piccole. Si chiede un prestito, si contraggono dei debiti per mandare avanti l’attività, finché non ce la si fa più, ci si arrende. E ti portano via la casa. “Un fenomeno che fino a quattro o cinque anni fa non esisteva – spiega Simone Porzio del Sunia regionale – e che sta aumentando le proprie dimensioni”.
Da che parte si comincia. Qual è il bandolo della matassa che possa consentire di porre un freno a questa situazione di provvisorietà. Restituire ossigeno alle famiglie, rispolverare una politica abitativa fatta di canoni concordati e affitti agevolati, coinvolgendo i privati nella gestione di spazi pensati per la residenzialità dei nuclei familiari in difficoltà economica, in cui l’ente pubblico anticipi i ratei per un determinato periodo, ma non all’infinito, e magari tagliando l’Irpef. Perché una cosa è certa: le sole case popolari non sono sufficienti. “Nei giorni scorsi sono stati assegnati 52 alloggi in via del Pesciolino – dice Porzio – ed entro breve ne saranno assegnati altri 30. Poi si dovrà attendere parecchio prima di averne altri disponibili”. Ma la catena degli sfratti non si interrompe: ogni anello che salta è una famiglia che si spacca, si lacera. (Maurizio Abbati)