Avanti piano, quasi indietro. Il mercato del lavoro in Toscana non decolla nonostante le prime misure del governo Renzi e resta sui livelli allarmanti del 2013, con addirittura alcuni elementi che contribuiscono a rendere ancora più fosco il quadro. Come dimostra l’analisi condotta da Ires per la Cgil regionale. A cominciare dall’aumento della disoccupazione, che passa dall’8,6% del giugno 2013 al 9,7% di quest’anno. A questo corrisponde anche l’aumento delle ore autorizzate di cassa integrazione, che ad agosto hanno passato già i 39 milioni, superando del 3,8% il risultato dello scorso anno e segnando così il nuovo record negativo. Da prendere con le molle anche il dato positivo del numero di avviamenti al lavoro, cresciuti dell’11% rispetto al 2013, ma che evidenziano una diminuzione dei contratti a tempo indeterminato (11,2% contro l’11,8%). E come se non bastasse la metà di questi contratti è solo part time. Ma non è tutto. Se si guarda ai contratti a termine, si osserva come il 61% abbia durata inferiore ai 3 mesi, mentre per il 16% dei casi si tratta addirittura di contratti giornalieri. E purtroppo non è neanche vero che queste forme contrattuali aprano le porte al tempo indeterminato, poiché questo accade meno che nel 15% dei casi. Sulla stessa falsariga del 2013 invece il dato relativo ai licenziamenti collettivi, che nel primo semestre dell’anno in Toscana sono stati 13mila. Un mercato del lavoro bloccato insomma, caratterizzato da una mancanza evidente di richiesta. Come dimostrano i dati, secondo la Cgil fallimentari, del progetto Garanzia giovani, che prevede la concessione di 12milaeuro l’anno per le imprese che assumono persone under 29 anni. A fronte di 15mila domande pervenute in Toscana e di oltre 8mila colloqui già fatti, di richieste vere e proprie non ne sarebbe arrivata alcuna. Se insomma non c’è lavoro, gli incentivi di per se stessi non portano alcun risultato positivo. Così come gli 80 euro in busta paga per la Cgil non sono serviti a far ripartire i consumi, ma sono stati destinati dalle famiglie soprattutto per far fronte ai debiti pregressi. Un monito al governo, dunque, perché con queste iniziative, “al netto della loro carica di strumentalità”, secondo il responsabile Mercato del lavoro della segreteria Cgil, Daniele Quiriconi, si rischia di andare “incontro ad un fragoroso fallimento”, soprattutto se si procede con la riduzione della spesa pubblica, degli investimenti e dei salari. (Ma.Ab.)