L’export toscano
e il miraggio cinese

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L’export come strategia di crescita non si improvvisa, anche se ad oggi resta forse il solo modo per un’azienda di accrescere produttività e ampliare le proprie quote di mercato. L’investimento che serve è in termini di risorse umane, di processo e di prodotto, ma anche sotto il profilo distributivo. Un aspetto che acquisisce più peso via via che i mercati di destinazione si allontanano. Come nel caso della Cina, che oggi rappresenta una delle frontiere più interessanti per l’imprenditoria italiana. Perché pur trattandosi di un mercato enorme e di grande rilevanza, specie in prospettiva, da un lato si evidenzia come un requisito essenziale del prodotto debba essere la qualità, su cui si fonda la fama del made in Italy. Dall’altra parte non si può pensare di puntare a un bacino così grande senza un efficace apparato distributivo. Qualità, sufficiente disponibilità di prodotto, struttura distributiva: per questo il numero delle aziende in grado di mettere nel proprio obiettivo il mercato cinese è giocoforza ristretto. Di “Destinazione Cina” si è parlato in un incontro organizzato da UniCredit ospitato da Confindustria Firenze. Incontro in cui è risaltato come la Toscana abbia un ruolo determinante nell’export italiano verso la Cina, considerato che solo nel comparto fashion and luxury garantisce quasi il 25% degli approvvigionamenti. Ma la Toscana è un brand eccellente anche nel settore alimenti e bevande, con una quota di mercato del 17% sul totale nazionale. Numeri interessanti dunque, ma che potrebbero ancora crescere. Soprattutto nel food and beverage, considerato che la Francia riesce ad esportare 7,5 volte più di noi e la Germania il triplo rispetto all’Italia. Quello che forse a volte manca è la capacità concreta di fare sinergia, cioè di creare una rete di imprese che possano adoperare lo stesso sistema distributivo, così da ottimizzare i costi. Operazione che probabilmente potrebbe passare attraverso la ricerca di partner cinesi. Fare da soli spesso è un limite che nell’export rischia di essere insuperabile. (Maurizio Abbati)

 

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