Dalla fionda al fucile: un David in versione marines E’ polemica per la campagna pubblicitaria. Ma è solo una questione di soldi?

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Il David che imbraccia un fucile di precisione. Irriverente, scandaloso, ma niente più di quanto non si sia visto ad opera di artisti e stilisti in cerca di visibilità, che si ispirano a personaggi eccellenti per vendere le proprie collezioni. Certo un fucile non è un completino da uomo giacca e pantalone, almeno nel nostro paese. Ma non sono queste le corna del vero dilemma. La questione è più semplicemente e meno eticamente economica. Se infatti la legge della pubblicità vuole che si corrisponda un canone per l’utilizzo di un brand per una campagna promozionale (e sfido a dire che il David non lo è), e in questo caso il canone non è stato corrisposto, così come non c’è l’autorizzazione, il discorso sta tutto in una trasgressione del diritto. Dovrà esserci una sanzione. Semmai c’è da chiedersi quanto la campagna, alimentata proprio dal presunto scandalo, abbia fruttato nel frattempo alla casa produttrice dell’arma imbracciata dal ragazzone michelangiolesco. Forse molto più del prezzo da pagare. E non credo che i clienti, gli acquirenti potenziali del prodotto commercializzato insomma, siano rattristati dalla scelta moralmente esecrabile della celebre opera fiorentina. In fondo quel David lì non era noto per una fionda? Non si tratta dunque solo di una revisione in chiave moderna degli armamenti? L’immagine del David non risulta danneggiata dalla contaminazione, o almeno non molto più di quando si consente che venga riprodotta, anche senza fucile, su grembiuli, magliette e boxer non a fini artistici ma puramente commerciali. Certo che la campagna va sospesa, ma non per irriverenza, solo perché qualcuno deve pagare i diritti e anche la sanzione. E quei soldi possiamo sempre adoperarli per la conservazione del nostro patrimonio artistico, che ne ha tanto bisogno. (Ma.Ab.)

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