Fischia l’eurobufera
Toscana, raffica di meno In calo occupazione, fatturato, vendite al dettaglio. L’analisi Bankitalia: perdura la crisi, ma…

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Meno, meno, meno. Se fosse una pagella scolastica non ci sarebbe scampo dalla bocciatura. Ma qui non è a rischio solo (anche se non è poco) un anno di scuola, quanto il futuro di un’intera regione, che sta pagando caro il prezzo della crisi. I dati relativi alla congiuntura economica toscana diffusi dalla Banca d’Italia sul primo semestre del 2013 non lasciano margini di dubbio: la fase recessiva avviata a metà del 2011 è proseguita senza lasciare tregua e il solo segnale positivo arriva da un percettibile clima di fiducia ritrovato durante i sondaggi, al quale però non corrispondono riscontri positivi tangibili, tranne un leggero miglioramento nell’ultimo trimestre. Resta insomma la febbre e anche se il mercurio scende di qualche decimo di grado il paziente non sta meglio.

Ma torniamo ai segni meno. Ordini -3,6%, fatturato -4,3%, produzione industriale – 3,4%, export -1,9%, vendite al dettaglio -5,8%, occupazione -1,4%, credito erogato alle imprese -2,7%. Uno scenario davvero preoccupante, in cui l’unico rialzo positivo è quello  della raccolta bancaria effettuata presso famiglie e imprese, lievitata del 2,1%. Come se , nel vedere che la crisi perdura, i toscani avessero deciso di aumentare la tendenza al risparmio, puntando a mettere via capitali da utilizzare poi in tempo bui, come se quelli attuali fossero soleggiati. Con il problema però che nel frattempo hanno compresso ulteriormente i consumi, come dimostrano i dati relativi alle vendite al dettaglio. Si torna insomma a un passato lontano, quando gli acquisti venivano diluiti nel tempo e programmati, comprese le scarpe e i paltò, se ci passate il termine desueto. E i risparmi finivano nei libretti. Un atteggiamento prudente, ma che certo non può favorire la ripresa. Infatti la domanda rimane molto debole e le imprese continuano a soffrire. Anche nel turismo, dove gli stranieri non riescono a compensare il calo di italiani affacciatisi alle strutture ricettive. Un patimento che anzi aumenta, come evidenzia la crescita della quota di prestiti bancari in sofferenza. E come conferma la crescita delle persone in cerca di occupazione, dovuta essenzialmente al calo registrato nei servizi, che si unisce così a quello dell’industria.

Nonostante tutto le imprese intravedono un miglioramento. Ottimismo o vana speranza? Chissà, fatto sta che nei primi sei mesi dell’anno oltre un quarto di esse ha rivisto al ribasso i propri programmi di spesa e, nelle attese, gli investimenti non si risolleveranno nel 2014. Se davvero dovesse dunque cominciare a soffiare il vento della ripresa, il rischio è che molte non riescano ad avere la forza di alzare le vele e tenere il mare aperto. (Maurizio Abbati)

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