Il vecchietto dove lo metto, si chiedeva una canzoncina di diversi anni fa, ironizzando sul fatto che sempre di meno la vecchiaia è sinonimo di esperienza e sempre più di incomodo. Anche perché con la velocità di cambiamento dei nostri tempi l’esperienza passata sembra servire sempre di meno, mentre si è allungata la vita, ringraziando il cielo; ma questo aumento dell’età media qualche problema purtroppo lo genera, come ad esempio la necessità crescente di adeguati livelli di assistenza per garantire in modo opportuno a ciascuno servizi e indipendenza.
Capita così che quella che di per se stessa è una magnifica notizia deve far riflettere sul futuro e sulle nuove esigenze della popolazione. Secondo l’Ufficio di statistica del Comune di Firenze, nel capoluogo, da ottobre 2001 a settembre 2013, il numero dei centenari è quasi triplicato, passando da 86 a 233. La città è il terzo capoluogo di regione per numero di centenari ogni 10mila residenti. Le donne restano la maggioranza dei centenari ma è notevole l’incremento degli uomini, che a ottobre 2001 erano solo 3 e a oggi sono 36 con una crescita esponenziale. Crescono comunque moltissimo anche le donne centenarie che nel periodo preso in esame sono più che raddoppiate.
Cent’anni: un traguardo che sa di miraggio. Ma se resta un obiettivo difficile da raggiungere, è sempre più elevato il numero degli appartenenti alla cosiddetta terza età. A Firenze gli over 65 sono infatti ormai 97mila su 375mila. Più di uno su quattro insomma. E il dato è frenato dai flussi migratori, composti principalmente da giovani, che quindi abbassano l’età media.
Come si concilia questa tendenza all’aumento dell’età media con la dichiarata necessità di contenere le spese di assistenza sanitaria e sociale manifestata dai continui tagli al sistema? Se si vuole salvaguardare le fasce più deboli o più bisognose bisogna giocoforza comprimere i servizi per gli altri. Oppure farli pagare. E’ questo lo spettro che non può farci dormire tranquilli. Nella situazione economica in cui ci troviamo ridurre i servizi sanitari e alla persona costituirebbe un serio pericolo che può davvero mettere in ginocchio gran parte della popolazione. E non ci si può pensare di dividere il grano dal loglio utilizzando i parametri dell’Isee, perché c’è una fascia intera di persone che non rientrano in quei parametri e non per questo possono cavarsela mettendo mano continuamente mano al portafogli. Forse così si può davvero arrivare a ridurre esami clinici e visite specialistiche, come si vorrebbe fare per risparmiare sulle spese della sanità pubblica, ma non perché d’improvviso stanno tutti bene. Solo perché si finisce che il male ci si tiene. Ah, scusate. Teniamoci cari i nostri vecchi. (Maurizio Abbati)