Firenze non è città per giovani lavoratori

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Sempre più invivibile. Firenze non è una città per lavoratori giovani: il costo per vivere nel capoluogo toscano infatti, pur in un miniappartamento di 35 metri quadri, è più alto dello stipendio medio di chi ha meno di 35 anni. E’ uno dei dati più preoccupanti che emerge dallo studio commissionato dalla Cisl Firenze-Prato e realizzato dai ricercatori Stefano Dal Pra Caputo e Francesco Peron, che prende in considerazione le tendenze per i prossimi anni, in provincia di Firenze, lungo tre filoni: giovani, lavoro e casa.

“Dalla nostra simulazione – ha spiegato il segretario generale Fabio Franchi – il costo minimo che una persona deve sostenere a Firenze per affitto, cibo, vestiti, bollette, trasporti, oscilla tra i 18.500 e i 22.300 euro all’anno, mentre il reddito medio lordo è di 10.537 per i 20-24enni, di 15.614 per i 25-29enni e di 19.075 per i 30-34enni. Se non si ha una casa di proprietà, insomma, è impossibile sopravvivere. Dovremo tutti farci carico di questo problema, se non vogliamo che la città si svuoti”.

“Sul fronte occupazione ci sono due problemi che insieme diventano devastanti, quello demografico e il mismatch del mercato del lavoro: la diminuzione di persone in età lavorativa (38mila nella provincia tra 10 anni) sarà ancora più pesante se non riusciamo a far incontrare chi cerca e chi offre lavoro. Si può partire dalle politiche attive pubbliche, che manifestano criticità e vanno migliorate, coinvolgendo anche le parti sociali che conoscono da vicino i fabbisogni occupazionali del territorio, e dall’orientamento scolastico”.

Secondo il segretario Cisl “c’è poi un problema di redditi. La maggiore richiesta di manodopera e in particolare di manodopera giovanile, arriva da commercio, servizi di alloggio, ristorazione e turistici. Ma proprio questi settori offrono il reddito medio più basso (9.707 euro per alloggio e ristorazione, 15.226 per noleggio e agenzie di viaggio, 22.112 per commercio) e dunque sempre più spesso incompatibile con la vita a Firenze. Un circolo vizioso da spezzare, perché proprio i settori che offrono più lavoro, avranno più difficoltà a trovarlo. E se alcune figure professionali non si trovano ciò ha a che fare anche con un problema di applicazione corretta dei contratti, col lavoro nero e grigio. Questi dati evidenziano con chiarezza due elementi: che pur in presenza della crescita dei servizi, il manifatturiero è importante e va difeso, anche perché offre i salari più alti, e che il costo degli affitti va riportato sotto controllo, perché la casa ha ormai un costo insostenibile”.

A proposito di salari, Franchi ha evidenziato anche il forte gap generazionale, “con retribuzioni di ingresso molto più basse rispetto ai lavoratori più maturi, segno che la nostra progressione salariale è ancora basata sull’anzianità anziché sulle competenze e sull’investimento formativo: rispetto ai 55-59enni (28.729 euro di lordo annuo medio), i lavoratori dipendenti tra i 20 e i 24 anni guadagnano un terzo (10.538 euro), i 25-29enni la metà (15.614 euro). Resta anche un gap di genere: l’occupazione femminile cresce (da 43,9% nel 2004 a 48,1% nel 2022), ma le ore lavorate sono più o meno le stesse e il divario salariale uomo/donna rimane”.

Da sottolineare infine il problema demografico. Da qui a 10 anni le persone potenzialmente in età pensionabile, che oggi hanno un’età compresa tra 57 e 67 anni, saranno 151.223. Quelli che entreranno potenzialmente nel mercato del lavoro, ovvero che oggi hanno tra gli 8 e 18 anni, sono 98.654.