Pianosa, un passo indietro
Il carcere verso la riapertura Passa il progetto per ospitare detenuti in semilibertà. Addio ai sogni di sviluppo turistico

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Povera Pianosa. E’ l’unica isola riconosciuta come patrimonio naturale ad essere difesa dal filo spinato, e non come deterrente per gli yacht in cerca di acque pulite o per i pirati che ormai da secoli non veleggiano più nei nostri mari. Dopo anni di attesa per un piano di rilancio dell’isola che ha continuato ad essere rinviato, si compie un passo indietro che ci riporta al 1997, quando anche l’ultimo dei detenuti per mafia venne sfrattato e trasferito sul continente. Il progetto del Provveditorato regionale della Toscana di destinare l’isola a territorio che ospita detenuti lavoranti all’esterno approvato dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sembra mettere la parola fine ai sogni di sviluppo turistico, che appare così fortemente vincolato dalla difficile coesistenza con la riapertura del carcere, che dovrebbe ospitare fino a 40 detenuti in regime di semilibertà. Un progetto a cui ha dato la sua approvazione anche il governatore della Toscana Enrico Rossi, anche se nell’ottica di una riduzione della pressione sulle altre strutture penitenziarie toscane, oggi fortemente sovraffollate.

Ma un penitenziario abbandonato ormai da oltre 15 anni, nonostante la presenza di un presidio, non può essere riaperto così in un giorno, non senza almeno una serie di lavori di ristrutturazione che potrebbero risultare piuttosto costosi, oltre che lunghi, come critica anche Legambiente, a cui si aggiungerebbero tutte le problematiche connesse al fatto di trovarsi all’interno di un habitat protetto dotato di un sistema di collegamenti quanto mai limitato con la terraferma.

Anche l’ipotesi di impiegare i detenuti per lo svolgimento di lavori di coltivazione appare quanto mai velleitaria, soprattutto perché lo stesso fine potrebbe essere perseguito in aree di minor pregio ambientale e a maggiore vocazione agricola. Ma l’interrogativo a cui rispondere è quello sul destino del parco dell’arcipelago. Se deve caratterizzarsi come ambiente marino protetto, bisogna coniugare in modo attento ed efficiente salvaguardia del territorio e sviluppo turistico, che resta l’unica chiave per garantirlo dal degrado e dall’abbandono. Un turismo che tenga conto della specificità di questo gruppo di isole, così da evitare certi eccessi nel consumo del territorio evidenti all’Elba ma anche al Giglio ma che possa esaltare le bellezze di un luogo tutt’oggi intatto. (Maurizio Abbati)

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