Rossi: Pd da rifondare. E il segretario non farà il premier Il monito del presidente della Toscana: ci pensi chi ora ha in mente di lasciare il partito

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“Chi pensasse adesso di costruirsi in proprio qualcosa darebbe solo un contributo alla dissoluzione della sinistra. Per questo bisogna incominciare dalla ricostruzione del Pd”. Dalla nave che rischia di affondare dunque non si scappa, a meno di non voler affogare subito da soli, perché salvarsi è possibile solo se si resta tutti assieme. E si rema tutti dalla stessa parte. Parole chiare quelle del governatore della Toscana Enrico Rossi il giorno dopo la fine dei giochi per l’elezione del capo dello Stato. Giochi, di ruolo forse, che hanno contribuito a gettare nuovo discredito sulla classe politica.

In un momento in cui l’antipolitica sembra contagiare sempre più italiani, Rossi propone la sua ricetta per il futuro del Pd: ripartire dalla base e con la base, mettendo da parte personalismi e antagonismi che hanno fatto naufragare anche la vittoria (seppure a metà) delle urne. “Oggi siamo un partito contenitore di tutto e tutti, diviso, indisciplinato, pieno di rancori, denso di personalismi e di arroganze. Mi chiedo se non possiamo provare a costruire una forma diversa di partito, in cui democrazia, partecipazione, senso di responsabilità e rispetto reciproco possono convivere in un equilibrio positivo e stabile”, scrive Rossi sul suo sito internet. Ma il cambiamento passa inevitabilmente attraverso una riorganizzazione interna decisa e radicale. “Per fare questo occorre anche una profonda riforma organizzava. Le direzioni composte da centinaia di persone non sono veri luoghi di discussione, né a livello nazionale né regionale. La possibilità dei vari leader di organizzarsi in proprio deve essere regolata sia nelle forme che nei finanziamenti. La partecipazione e la consultazione degli iscritti deve essere un metodo costante non solo per la selezione del gruppo dirigente ma anche, e direi soprattutto, per le scelte politiche e i loro contenuti”.

All’antipolitica dunque per il governatore della Toscana si può reagire solo con la politica, ma una buona politica, fatta di competenze e di coscienze attive. A cominciare dalla scelta del nuovo segretario, che dovrà avere un compito preciso: ricostruire il partito dalle fondamenta e guidarlo nel cammino, ragion per cui non potrà avere incarichi di governo. “Abbiamo bisogno di persone e funzionari che per un periodo di tempo non breve si dedichino a questo lavoro di ricostruzione, lasciando da parte l’obiettivo del successo politico personale per innamorarsi di una impresa collettiva. Il segretario di questo partito non deve, né potrà, essere candidato premier. Dovrà dare l’esempio, evitando che la premiership oscuri tutti gli altri. Il dibattito interno non potrà che essere aperto, ma una volta fatte le consultazioni e decise le scelte negli organismi dirigenti, queste dovranno essere portare avanti con coerenza e le forme di dissenso dovranno essere contenute in modo comunque da non compromettere la realizzazione degli obiettivi scelti. La critica non può spingersi fino a danneggiare l’immagine del partito e la sua stessa esistenza”. Basta con le uscite tafaziane quindi, il Pd si è già fatto abbastanza male da solo. (Maurizio Abbati)

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