Sanità, una rivoluzione senza soldi

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Chiedere aiuto a chi ha di più se ce ne fosse bisogno non sarebbe uno scandalo. Come invece lo sarebbe tagliare i 130 milioni di extra Lea, gli 80 milioni del trasporto sociale, i 10 milioni per la vita indipendente dei disabili, i 3 milioni per i lettori ottici dei malati di Sla, il milione destinato alle parrucche delle persone in cura per tumore. Lo ha ribadito il presidente della Regione Enrico Rossi davanti alla quarta commissione consiliare, annunciando una proposta di legge in materia sanitaria, legata alla finanziaria, da approvare entro l’anno. La legge affiderà a tre commissari l’incarico di predisporre in modo preciso gli atti per l’unificazione organizzativa del sistema in tre aziende di area vasta, a cui si aggiungerà il Meyer. Da 16 a 4 insomma, per ridurre i costi e ottimizzare le prestazioni più rapidamente possibile. “Se aspettiamo – ha detto Rossi – verremo travolti”. Travolti da un sistema sottoposto a continui tagli, di cui paga le spese l’utente, l’ultimo anello della catena. Tagli che potrebbero venire ad accentuarsi con la prossima legge di stabilità. Si parla di quattro miliardi, ha ricordato il governatore, “che potrebbero significare trecento milioni in meno per noi”. Rossi si è detto pronto a eliminare le spese improduttive, rivedere le partecipazioni societarie, ridurre il numero dei dirigenti, anche nelle agenzie ragionali. Ma la dimensione della manovra è tale che ci sarà da intervenire anche sulla sanità. Bisognerà spingere sull’appropriatezza delle cure e degli esami, così da contenere il numero delle prestazioni, e magari rivedere le convenzioni con il privato per renderle più produttive. Ma basterà? Si è chiesto Rossi. E qui il discorso torna sul ticket, che finora in Toscana ha toccato solo il 25% per cento della popolazione, anziché essere generalizzato. Cosa deciderà allora la Regione? Allargare la percentuale di coloro che devono pagarlo oppure alzare l’aliquota a chi già lo paga? Non è una scelta semplice. E soprattutto quando si dice “chiedere a chi ha di più”, bisogna domandarsi quanto è questo “di più”. Le famiglie che possono dare sono sempre di meno a causa della crisi e il sistema non può reggersi in piedi aumentando sempre il costo delle prestazioni. Prima si taglino realmente tutte le spese improduttive, e non solo in materia sanitaria, e garantiamo i Livelli essenziali di assistenza, mantenendo basso il costo di quelle prestazioni ritenute essenziali. C’è una sanità privata sempre più performante a cui rivolgersi, ma il pubblico non può abdicare perché non riesce soddisfare la domanda o perché diventa non più competitivo nel rapporto qualità-prezzo. Altrimenti per l’Italia comincia un’altra storia. (Ma.Ab.)

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